Il Suo Apostolato la mette in contatto con i lavoratori del mare, i pescatori. Quali sono le difficoltà di queste persone che svolgono un lavoro difficile e precario?
Tra le molte difficoltà indicherei le tante ore di lavoro vissute in condizioni metereologiche spesso ostili, il reddito estremamente insignificante rispetto alla fatica quotidiana e una serie di normative legislative che non agevolano l’attività imprenditoriale della pesca. I pescatori che ho incontrato mi hanno più volte confermato che è proprio quest’ultimo il motivo per cui molti giovani non si innamorano del lavoro in mare. Se poi aggiungiamo il sacrificio quotidiano con orari di vita molti limitati – si parte di notte e si torna nel pomeriggio del giorno successivo – ci rendiamo conto che è messa a rischio un’attività imprenditoriale e artigianale che da sempre è un vanto per l’Italia. Vorrei inoltre segnalare che il settore non gode di particolari agevolazioni per quanto riguarda il prezzo del carburante. È evidente dunque che un sostegno significativo da parte delle autorità renderebbe l’attività della pesca un’eccellenza per il nostro Paese, con un conseguente beneficio in tema di sostenibilità economica e ambientale, penso ad esempio alla ristorazione a chilometri zero soprattutto nelle località di mare.
Esistono molti altri lavori marittimi. Quali sono le condizioni di vita, di coloro che hanno legato al mare la propria esistenza?
Vorrei ricordare innanzitutto l’esperienza della bellezza del mare che apre in ogni persona orizzonti esistenziali di positività e di contatto con il creato. D’altre parte, dobbiamo sottolineare il rischio della solitudine vissuta per lunghi periodi da chi è imbarcato, a cui si aggiunge il rischio di non trovare un’accoglienza adeguata nei porti in cui si arriva. Da questo punto di vista la Chiesa sostiene i marittimi nelle loro presenze a terra con l’Apostolato del mare e la Fondazione Stella Maris che rientra nel piano di welfare marittimo in piena collaborazione con le direzioni marittime affidate alla Guardia costiera.
Con l’Apostolato del Mare, qual è il messaggio che la Chiesa porta alle migliaia di persone che vivono sulle coste?
Sintetizzerei il messaggio con le parole che papa Francesco ci ha dato a Lisbona, la Chiesa accoglie tutti, tutti, tutti… È un messaggio di vicinanza, di prossimità, di solidarietà, di fratellanza, di incontro. Tra l’altro l’Apostolato del mare sta lavorando molto sul progetto di scambi interculturali per la mutua conoscenza, considerando l’appartenenza dei marittimi a nazionalità diverse. È questa una strada di arricchimento per l’aspetto del dialogo interreligioso, perché anche fra confessioni, religioni o impostazioni di vita diverse ci può essere una ricchezza che contribuisce alla vita di ciascuno.
Il mare è anche il luogo di speranza, per le persone che lasciano i loro paesi in cerca di un futuro migliore. L’Italia è il luogo dell’accoglienza?
L’Italia è sempre stato un luogo di accoglienza e continuerà ad esserlo se farà riferimento alle sue radici culturali. Il nostro Paese, che ha vissuto una grande migrazione a partire dall’inizio del XX secolo, conosce la virtù della solidarietà, dell’accoglienza e della generosità. Purtroppo negli ultimi anni, un atteggiamento cresciuto su istanze populiste, spesso fondate su idee culturali erronee e su false informazioni, ha contribuito ad esasperare un clima di intolleranza nei confronti dei migranti, che dal mio punto di vista e nella lettura evangelica è assolutamente intollerabile, perché nega il principio fondamentale della convivenza umana che è quello dell’accoglienza e dell’aiuto del prossimo in difficoltà. Non possiamo tacere le migliaia di persone morte attraversando il mare a causa delle condizioni climatiche e della non accoglienza. Questo è uno scandalo. A mio avviso l’indifferenza rispetto alla sofferenza che queste sorelle e questi fratelli portano nel cuore, nella mente e nel corpo va considerata come un atto di colpa nei loro confronti: l’indifferenza non può essere considerata con indifferenza!
Come è cambiata negli anni la presenza femminile nelle attività marittime?
Nel passato la figura femminile non aveva un ruolo in mare. L’immaginario collettivo leggeva la donna come colei che attendeva il ritorno dell’uomo impegnato in mare. Oggi invece le donne sono pienamente inserite nella vita del mare, soprattutto per i ruoli a bordo, anche perché oggi nel lavoro del mare non esistono più discriminazioni. Questo ci deve però interrogare sul fatto che un lavoro così impegnativo come quello del mare deve consentire lo sviluppo sano e armonico della vita femminile in ordine alla maternità o alle relazioni familiari. È però da ribadire che, al di là degli stereotipi, come in ogni lavoro anche in quello marittimo la femminilità offre quella caratura di attenzione, premura e tenerezza che può apportare un effettivo miglioramento nella umanizzazione dei rapporti per il superamento delle forme gerarchiche nel rispetto ovviamente delle tradizioni del mare.