Quali cambiamenti si potrebbero ottenere sostituendo il regime concessorio con un modello di partenariato pubblico-privato?
“Le prospettive di sviluppo attraverso il partenariato, intanto, sono moltissime. In tutti i settori, a partire dalle infrastrutture e dalle costruzioni in generale. Si tratta di una formula introdotta da poco più di un anno nel nuovo codice degli appalti – ne sono stata relatrice di maggioranza – che sta già attirando l’attenzione degli investitori privati. Ne stiamo però discutendo ancora in sede parlamentare alla luce dei correttivi, con il rischio di togliere il diritto di prelazione diretto. Ad ogni modo, ad oggi, il pubblico detta chiaramente il perimetro e le condizioni in modo uniforme, il privato interviene con risorse e competenze, facendo business e creando posti di lavoro. Quanto al caso delle concessioni si tratta di una soluzione più equa rispetto all’applicazione della direttiva europea che, a giudizio di molti, sarebbe troppo punitiva”.
Tale cambiamento permetterebbe di superare le criticità legate all’applicazione della Direttiva Bolkestein?
“Sicuramente, perché permette di dare l’opportunità di passare dal regime concessorio a quello del PPP in area demaniale in cambio di opere pubbliche per la sostenibilità ambientale e della biodiversità. Ne ho proposto l’applicazione proprio per questo. Dev’essere chiaro però che questa formula impone investimenti e spesso aggregazioni, ma d’altronde senza i privati non si fa nemmeno manutenzione… E lo vediamo ogni giorno”.
Ha avuto occasione di confrontarsi con gli imprenditori del settore su questa tematica? Qual è la loro opinione in merito?
“Come sempre alcune imprese sono già avanti. Ho riscontrato non solo aperture ma anche casi concreti di applicazione del partenariato alle concessioni, come nel caso di Bellaria. Con ottimi risultati. È la strada da percorrere e sono certa che tanti altri lo capiranno. Pensiamo solo ai benefici dal punto di vista ambientale e infrastrutturale, in termini di difesa del suolo, dei litorali e della biodiversità. Quelli dal punto di vista economico sono chiari a tutti: tutela delle imprese italiane”.
Chi investe e impegna risorse con il modello di partenariato pubblico-privato, verrebbe adeguatamente tutelato?
“Si tratta di un accordo chiaro fin dall’inizio, con precisi obiettivi, soprattutto sul piano impiantistico e ambientale, con impegni finanziari ma anche tutele da parte del pubblico, interessato alla riqualificazione del bene ambientale prezioso per l’Italia. Secondo me, da liberale, è sempre meglio accompagnare una graduale apertura al mercato, senza bruschi cambiamenti e senza scossoni. La politica deve dare gli strumenti legislativi, cosicché il privato possa fare gli investimenti che in parte sono di interesse comune con equivalente guadagno. È per questo che ho proposto il ricorso a questo regime pubblico-privato per evitare tutti i potenziali rischi, chiaramente con il contributo delle associazioni di categoria, ma facendo tutti insieme un cambio di approccio culturale”.