Salvaguardare la biodiversità è un imperativo nei processi di sviluppo anche della blue economy. Occorre tuttavia tenere conto che la protezione della biodiversità si connette ad un’altra grande sfida di carattere ambientale che è quella della difesa del clima.
La comunità scientifica che si occupa dello studio del sistema climatico è in qualche modo distinta da quella che studia la biodiversità. Ciascuna tematica ha una propria convenzione internazionale (la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici e la Convenzione sulla Diversità Biologica) e ognuna di queste convenzioni ha un organismo intergovernativo ovvero il Gruppo Intergovernativo di esperti sui Cambiamenti Climatici (IPCC) e la Piattaforma intergovernativa sulla Biodiversità e i Servizi Ecosistemici (IPBES).
Questa separazione funzionale determina però un rischio che è quello legato ad una valutazione incompleta delle interazioni tra i due temi il che può portare ad un disallineamento delle linee di azione. A seguito di ciò le decisioni anziché contribuire favorevolmente ad entrambi gli obiettivi potrebbero creare effetti penalizzanti nei confronti dell’una o dell’altra tematica o addirittura di entrambe.
Ma c’è un altro aspetto su cui occorre porre attenzione nella valutazione di queste due grandi questioni dell’Antropocene, le azioni, oltre a generare contributi positivi a livello ambientale, devono evitare l’insorgere di iniquità e squilibri di natura sociale ed economica. La non considerazione di questi aspetti può generare effetti boomerang che si ripercuotono sulla fattibilità delle stesse azioni decise per contrastare effetti climatici e perdita di biodiversità. La parola chiave è una e una sola: non bisogna mai perdere di vista il fattore della sostenibilità a tutto campo delle politiche e delle soluzioni pratiche relative alle due questioni, sia sotto il profilo sociale, che ambientale, che economico.
Una strategia che salvaguardi efficacemente i principi di sviluppo sostenibile e di tutela dell’ambiente nel suo complesso non può prescindere infatti da una visione integrata dei diversi ambiti e componenti in cui si articola il complesso scenario dei rapporti tra ecosistema naturale e attività antropiche.
Chiudersi all’interno di visioni limitate a singoli aspetti, inseguendo problemi isolati anche se urgenti, non può che portare a situazioni di contrasto e antagonismo tra i diversi portatori di interesse che sono da scongiurare nel modo più assoluto, perché l’approccio da seguire ai fini della formulazione di una strategia vincente deve risultare inclusiva in modo che ogni attore apporti un contributo positivo ricavandone un beneficio.
E’ proprio grazie a questo approccio che un soggetto, sia esso pubblico o privato, impegnato in attività più o meno direttamente collegate all’ambito marino, potrà acquisire il ruolo di operatore della blue economy.
Un operatore della blue economy affinché sia tale, deve caratterizzarsi, a prescindere che sia un pescatore o un imprenditore del settore balneare o un ente locale costiero, per questa capacità di saper interagire positivamente con gli altri soggetti economici. In relazione a ciò, dovrebbe assumere un ruolo attivo, in rapporto al tipo di attività e al relativo peso, a difesa delle esigenze globali del sistema marino-costiero secondo quella logica di sostenibilità a tutto campo in precedenza richiamata. Si pensi ad esempio ai seguenti spunti di possibili azioni strategiche, in parte riguardanti la pesca, in parte l’applicazione dei principi di economia circolare per il miglioramento della biodiversità marina e la protezione del clima:
- comprendere gli effetti dei cambiamenti climatici sulla pesca, soprattutto quella artigianale, per valutare gli scenari futuri e le conseguenze sociali ed economiche per gli operatori;
- approfondire gli studi sulle specie invasive aliene e su quelle autoctone in fase di proliferazione esponenziale (vedi vermocane nel Mediterraneo meridionale) con focus su cicli biologici e misure di contenimento;
- promuovere iniziative di monitoraggio di praterie di Posidonia per valutarne lo stato qualitativo e favorire la generazione di blue carbon credits;
- favorire la produzione di biochar da residui vegetali spiaggiati;
- destinare il biochar così prodotto alla realizzazione di elementi modulari componibili con cui stoccare carbonio e creare microambienti sommersi per il miglioramento della biodiversità marina e la protezione delle spiagge da fenomeni erosivi;
- promuovere la creazione di spiagge ecologiche.
Ebbene gli spunti sopra riportati sono esempi di come i diversi operatori potrebbero indirizzare le proprie forze e agire all’unisono nonostante ciascuno di questi interventi possa considerarsi estraneo agli interessi specifici di alcuni, ma non rispetto agli interessi collettivi della blue economy.
Questo modo di ragionare vuole avere un primo interprete rappresentativo che è il GAL LAZIO PESCA, un ente associativo da poco costituitosi, che intende porsi al centro dei processi della blue economy in regione Lazio. Come prima cosa, il GAL intende svolgere un ruolo di connettore e mediatore di interessi su cui incardinare i propositi di sviluppo sostenibile a beneficio del sistema marino-costiero e della pesca in primis. In questo senso, provenendo il GAL dal FEAMPA 21-27, porrà in primo piano gli interessi del comparto pesca. Lo dimostra la strategia di sviluppo locale riassunta nello schema seguente.
Esistono però i contributi da fornire rispetto alle due grandi sfide dell’Antropocene rammentate all’inizio, a cui la strategia di sviluppo non può sottrarsi e soprattutto emerge l’interesse ad applicare questi nuovi concetti sulla visione allargata e integrata degli operatori della blue economy.
Ecco perché il GAL, in linea con quest’ultima esigenza, intende farsi promotore nei confronti della Regione Lazio di ulteriori elementi di innovazione nell’ambito dei processi di miglioramento della pesca e dell’acquacoltura proprio in considerazione del contributo che questi comparti possono apportare al sistema marino-costiero della regione Lazio. Ciò senza minimamente alterare la struttura del quadro logico e i contenuti delle azioni già approvate a livello regionale.
La chiave di volta per rendere protagonisti i due comparti della pesca e acquacoltura all’interno dei predetti processi di transizione verde è lo sviluppo di azioni specifiche per il miglioramento della biodiversità ambientale e di quella marina in particolare.
Essendo i pescatori operatori della blue economy, ecco che il miglioramento della biodiversità è un obiettivo da raggiungere operando assieme ad altre categorie di soggetti. Così come sopra richiamato, è la sinergia di azione con altri comparti che può risultare lo strumento vincente per migliorare i livelli di qualità ambientale su base territoriale e i ritorni sociali ed economici ottenibili a valle.
Tra i nuovi rapporti sinergici con possibili attori, si segnalano le aziende soggette alle regole E.S.G.[1], in primis quelle ubicate all’interno del sistema territoriale marino-costiero, con cui andare a costruire accordi specifici per interventi a favore della sostenibilità ambientale e sociale su scala locale (tra cui quelli di cui potrebbero beneficiare le stesse aziende di pesca e acquacoltura).
In questo senso il GAL punta a creare meccanismi virtuosi in base ai quali la promozione di azioni a favore della sostenibilità in nome e per conto dei due comparti di interesse, si traduca nella disponibilità delle aziende E.S.G. a farsi carico della loro realizzazione. Tale disponibilità non può che scaturire dalle esigenze di compensazione ambientale espresse da un numero sempre più ampio di imprese.
Il GAL si candida a divenire il soggetto promotore di una filiera di sostenibilità a chilometro zero costruita all’interno del sistema marino-costiero del Lazio. E’ questa la finalità su cui lo stesso GAL punta innanzitutto a creare con azioni specifiche partecipazione e condivisione di intenti.
Il miglioramento della biodiversità in questo senso è il fattore su cui basare questi meccanismi virtuosi che il GAL intende sviluppare nello stesso ambito territoriale. Ai sensi di questi meccanismi, il pescatore o l’acquacoltore devono poter assumere i ruoli di attore partecipante se non addirittura protagonista dei processi in questione con funzioni da individuarsi appositamente legati allo svolgimento di azioni di supporto riguardanti, ad esempio, il controllo dei miglioramenti ambientali nel corso del tempo.
Ragionando in questa ottica, il GAL LAZIO PESCA punta ad integrare il quadro logico di partenza per proporre una strategia aggiuntiva che veda nel miglioramento della biodiversità e nella protezione del clima, gli obiettivi tramite cui i settori della pesca e dell’acquacoltura, in sinergia con altri comparti, possano rendere più efficace l’attuazione del Green Deal europeo nel sistema marino-costiero della regione Lazio.